IL SENSO E LA QUALITA' DEGLI INTERVENTI PER LA RIMOZIONE DELLE BARRIERE ARCHITETTONICHE : STRUMENTI TEORICI E METODOLOGICI PER L' INTERDISCIPLINARIETA'. (vedere fotografie a fine articolo)
di Claudio Roberti
L'analisi che segue si riferisce ad alcuni degli approfondimenti tematici emersi dal seminario relativo all’ A .A. 2002/03 tenutosi presso la Facoltà di Architettura dell' Università Federico II ° di Napoli (Dipartimento di Progettazione Urbana, Cattedra di Composizione Architettonica III). Qui di seguito si riprendono i nuovi percorsi conoscitivi emersi da quel laboratorio interdisciplinare in sinergia fra architettura e sociologia urbana, (ri)sistematizzandoli per favorire verifiche ed applicazioni successive in merito alle variabili senso - qualità.
Per ottenere ciò si è provveduto a selezionare i dati – materiali raccolti estrapolandone diverse / nuove categorie analitiche, in prospettiva di poter applicare un’ altra metodologia a livello empirico (sul campo - cantiere).
Dando per acquisiti i nessi teorici tra architettura - urbanistica e sociologia urbana - sociologia del territorio (1), dando inoltre per dimostrato che la questione della rimozione delle barriere architettoniche è tematica afferente pariteticamente e sincronicamente alle citate discipline (2), con questo seminario si è dato inizio ad un percorso verso un ulteriore modello d’ analisi : un procedimento empirico atto ad individuare e misurare la "qualità della rimozione delle barriere ". Infatti, a partire dalle attività di ricerca e didattica indirizzate sul tema, sin dall’ A. A. 1983 / 84 presso il citato Istituto, ci si era soffermati su i presupposti sociali che determinano la legittimità di questi interventi: il diritto alla mobilità, in quanto diritto umano - soggettivo per le categorie socialmente interessate ed i legami diretti tra la rimozione delle b . a . (sensoriali) e l’ accesso allo studio, al lavoro e tutte le altre implicazioni in termini di diritti al vivere civile. In merito a ciò, si dimostrarono anche delle “ inusitate” giustapposizioni fra la presenza / assenza delle b. a. ed il grado di prevenzione / operatività in materia di protezione civile per vastissimi strati della popolazione. Si è dimostrato anche che un progressivo invecchiamento della popolazione è un aspetto demografico evocante una collocazione diffusamente sociale della questione b. a.
La presente costruzione è servita a chiarire – modernizzare le idee per molti studiosi – tecnici, malgrado talune posizioni recalcitranti dicano che questi percorsi culturali restano faticosi. In ogni caso, tale contributo è servito a creare quei presupposti affinché si iniziasse a superare una collocazione da approccio di nicchia, di fatto marginale (3). Inoltre, in questo contesto si è inaugurato anche un percorso di verifica su “ i luoghi inusitati delle barriere “, ma questa è una sperimentazione ancora tutta da svilupparsi, pertanto in questa fase fu proposta attribuendole lo scopo di provocazione culturale (*). Tornando ad uno dei temi più direttamente giustapposto a questa riflessione, furono focalizzate le correlazioni incrociate per coppie fra esistenza / inesistenza delle b. a. e rispettive situazioni di pericolo / sicurezza circa aspetti di prevenzione – interventi in materia di protezione civile e gestione programmatica del territorio. Inoltre, tale aspetto è qui rimarcato perché costituisce un indice di peso generale. Tutto questo, malgrado le questioni di cui sopra di certo non sono state adeguatamente riconosciute sia dalla comunità scientifica (architettura – sociologia) come da quella politica (4) nonostante in Italia siano trascorsi circa 20 anni dall'emanazione di articolate norme in materia di b . a . con relativi vincoli procedurali e fondi (5).
Rispetto alla specifica monografia che qui andiamo sviluppando, è pur vero che vi è stato qualche tentativo di sistematizzare la materia sotto l’aspetto teorico, ma tale approccio , dei primi anni 90 , utilizzava criteri esclusivamente urbanistici. Esso era limitato nel metodo perché conseguentemente riferito a categorie analitiche settoriali – sovrastrutturali e, pertanto esaustive solo se integrate in ambito sistemico con altri impianti di pensiero. Infatti quel approccio prescindeva da tali presupposti, proprio a causa delle caratteristiche metodologiche vincolate dalle sue scelte “ opinionistico - ideologiche “ di fondo (6). D’ altronde l’analisi critica sopra accennata, evitando equivoci di basso profilo, è di ampio respiro generale. Essa è strettamente giustapposta a vecchie e non ancora risolte “ paure – avversioni ” degli urbanisti verso la sociologia urbana (*). Ci rammarichiamo che a causa dell’ accennata ultima questione, a rimetterci è l’ indispensabile lettura olistica, resa solo dall’ interdisciplinarietà. Malgrado ciò, anche grazie a contributi dal taglio mono disciplinare, (asistematico) oggi assistiamo latentemente ad una qualche inversione di tendenza, troppo sovente sovrapposta da sortite confuse. Queste ultime si possono misurare da interventi tecnicamente segnati da superficialità, improvvisazione, svogliatezza, burocratismo, mere finalità strumentali . Tutto ciò ad opera di coloro che sono stati da sempre affascinati dal “ gusto delle barriere”, riproducendo in altra forma percorsi culturali antichi, radicati e recalcitranti, sovente riprodotti da meccanismi tipicamente sottoculturali. Tutto questo ha stratificato, malgrado in un tempo relativamente breve, una distorsione : la standardizzazione di interventi inefficaci, mediocri e peggio ancora scorretti, pericolosi in materia di rimozione delle b . a . Ciò costituisce un ulteriore elemento di complessità perché a fronte delle precedenti istanza vertenti ad ottenere gli interventi, ora si impone la necessità di mettere a punto strumenti di verifica sulla qualità di detti interventi. L’ insorgere di questo mutamento rende indispensabile la presente riflessione, non fosse altro che per i suoi risvolti empirici. Questa necessità non si rivolge solo ad un quadro nazionale, qui emergono chiari riscontri anche su profili internazionali. Ecco perché da qualche anno si constatano (fortunatamente…) talune prescrizioni emesse da organismi internazionali, se pur di portata (di fatto) meramente esortativa e / o di indirizzo generale. Comunque, di questi pur interessanti contributi si accennerà nella parte finale.
A sua volta, pur non tralasciando la necessità di giustapporre tale questione a rappresentazioni e collocazioni storico sociali (*) ; da evidenti effetti sociali di breve raggio è necessario prendere atto che la questione b . a . deve essere letta analizzando anche gli indicatori qualitativi. Ciò significa che in tal caso il paradigma emergente necessita di ulteriori strumenti atti a fornire risposte. Si tratta di contenuti irrinunciabili, onde vincere le resistenze manifeste - latenti da parte di un vecchio modello geoculturale. Infatti, la recalcitranza alla qualità va letta nell’ ambito degli sviluppi delle nuove strategie di resistenza di un vecchio paradigma. Dall’ approccio olistico si evince che le pur serrate critiche di cui sopra non vanno vincolate al presente oltre misura perché la società delle barriere si è sedimentata per motivi antichi, complessi e riprodotti per secoli in forma circolare.
Ottemperando alle necessita che discendono dai presupposti si qui citati, focalizziamo le variabili che determinano la qualità della rimozione delle b . a . , ovvero la qualità dell'agire / non agire territoriale in presenza di una (sedicente) rimozione delle b .a.. Come passaggio successivo, procedendo verso una costruzione prendendo a riferimento metodologico le categorie dei tipi d’agire sociale - urbano (7) in quanto indispensabili strumenti per misurare – ponderare la qualità dell'intervento di rimozione. Infatti, per ottenere tale risultato bisogna rivedere - formulare taluni concetti secondo la strada segnata dal metodo indicato da M. Weber. Utilizzando taluni classici concetti weberiani con capacità d’ astrazione, si giunge alla conclusione che per le persone disabili le barriere hanno un potere dis – acquisitivo. In sostanza funzionano come disinnesco verso l’ agire sociale, eccetto che nel subire. Solo la deprivazione della Vita Indipendente produce effetti tanto pesanti in termini preclusivi.
Per definire dei concetti specificamente adatti alla tematica, ampliamo ed aggiorniamo una vecchia classificazione stilata dall’ O . M .S . nel ’81 e ripresa in parte da qualche normativa italiana.
Di conseguenza, dall’ elaborazione ed ampliamento in complessità di quei provvedimenti sono scaturiti dei tipi dispiegabili in tale sequenza :
· Adattabilità ;
· Visitabilità ;
· Fruibilità ;
· Sistematicità ;
· Valicabilità ;
S= SP (Sommatoria Ponderabile).
Si tratta di 6 categorie analitiche più 1 sottocategoria di cui qui di seguito ne esponiamo l’intendere esplicativo:
L’ adattabilità è una condizione preliminare per valutare l'eventuale possibilità di rendere un dato spazio – luogo precedentemente costruito (anche naturale), privo di barriere. Essa è strategicamente decisiva perché riguarda la verifica di margini di intervento già in fase progettuale avviata e /o meglio, quando l’ opera è preesistente. E’ decisiva rispetto al patrimonio edilizio da riuso – ri conversione .L’ adattabilità , rispetto a queste ultime e frequenti applicazioni ( in alcuni tipi urbani),se procede per singoli interventi stralcio non può assumere carattere di sistematicità organica degli interventi. In tal caso è altamente probabile che difetti nelle interconnessioni, ma tale limite può essere almeno ridotto da approcci di piano particolareggiati > generali. Diversamente, restano in essere gravi contraddizioni, disfunzioni progettuali con ricadute sulla quantità – qualità dell’ agire territoriale. In ogni caso, per poter praticare efficacemente l’ adattabilità occorre saper integrare i caratteri del precedentemente esistente con quelli dell’ subentrante. Non a caso ,la sua applicazione è marcatamente rivolta ad un tipo urbano molto frequente in Italia ed Europa , ovvero quello antico – storico e le cause - effetti dei sopra citati limiti sono rispettivamente identificabili.
Per accessibilità si intende quando il luogo in questione presenta una entrata / uscita - passaggio quantitativamente – quantitativamente idonei a garantire mobilità transitiva ai fruitori. Essa è preliminare alle categorie che seguono, ovvero “ ciò che viene dopo “. Un’ accessibilità con limiti qualitativi può presentare , in particolari casi dove vi sono anche minimi margini di praticabilità , problemi anche significativi in termini di sicurezza dei luoghi.
La visitabilità garantisce la circolabilità nei luoghi preposti nel loro insieme, essa è uno degli elementi che maggiormente sottendono il senso della rimozione delle barriere. Possiamo sostenere che essa si misura dalla ponderazione fra le variabili quantitative e qualitative in rapporto alle praticabilità di un ambiente. Data una superficie, una volumetria, per misurarla occorre quantificare la differenza (scarti) fra le parti visitabili ed invisitabili. Una visitabilità dispiegata sottende l’ universalità , prescindendo dalle destinazioni d’ uso dei luoghi.
La fruibilità è strettamente correlabile alla categoria precedente, ma è data ed arricchita dal valore d’ uso (8) da essa garantito, ad essa richiesto. In sostanza, serve a verificare se quell’ ambiente così come è, garantisce l’ uso in rapporto alla produzione di uno scopo preciso. Le due precedenti categorie dimostrano che la “rimozione” è (sarebbe…) preminentemente destinata ad un fine e quando questi non è soddisfatto, ciò che resta non ha senso, se non quello di ottemperare a finalità meramente burocratiche e / o di profitto. L’ impianto della presente riflessione è anche finalizzato a mettere in risalto tale aspetto, evidenziato sovente delle contraddizioni dai risvolti grotteschi, paradossali.
Pertanto, dette categorie sono strettamente correlabili ad ogni altro effetto riconducibile alle variabili qualitative. Gli esempi concreti possono essere vari , essi contemplano dai luoghi di studio a quelli di lavoro, cura e ricreazione. Questa costruzione è altamente probabile che possa presentare la necessità di contemplare delle logiche propedeutiche nei percorsi spazio – temporali. Per contemplare l’intervenienza di questa variabile sottilmente qualitativa, ci si deve riferire a percorsi caratterizzati dalla necessità di dover procedere per sequenze , pena la correttezza in termini di distorsione, efficacia dell’ azione. In effetti, tale logica è riconducibile all’ obbligo di sequenze dettate da motivi di carattere generalmente tecnico, semantico, storiografico, filologico, psicologico. In sostanza, siamo in ambiti di riflessioni attinenti alla sociologia della conoscenza. La necessità di dover proporre luoghi progettati in modo rispondente a tali modalità spazio – temporali fu colta dall’ architetto U. S. A. F. L. Wright , con l’ architettura organica. L’ esempio più eloquente di questa architettura è dato dal Guggenheim Museum di New York , nel quale l’ orizzontalità ellittica s’ integra con la qualità, ove entrambe le variabili sono dipendenti ai caratteri e modalità del percorso. Non a caso, tale architettura necessita di una progettazione qualitativamente priva di b. a. perchè queste segnerebbero una distorsione dagli effetti di rottura….del paradigma. Insomma, siamo al cospetto di notevoli scelte teoriche e metodologiche di ampio respiro, dettate da profonde ragioni universalistiche.
Gli esempi opposti sono molteplici, restando nell’ ambito dei musei , basta verificare gli effetti provocati da frequenti soluzioni rabberciate in termini di rimozione delle b. a. E’ pur vero che l’ adattabilità dell’ esistente non è un’ azione semplice, specialmente sul patrimonio edilizio soggetto a vincolo. Però, sta di fatto che se vi fosse maggiore cultura in materia di qualità degli interventi sulle b. a. , non ci si troverebbe al cospetto di interventi che sovente sono non solo goffi, inefficaci, ma anche pericolosi e brutti. Come anticipato, per verificare la realtà sul campo, in quei contesti la limitazione alla fruibilità altera – tronca innanzi tutto il senso culturale di quei luoghi. Ne deriva che la loro lettura culturale finisce per divenire parziale e / o distorta. Per quanto attiene a bruttezza e pericolosità basta osservare le tante rampe (dette anche scivoli) disseminate sui territori dell’ U E e non solo. In questo ambito occorre dismettere l’ architettura del “ gusto “ funzionale – semantico delle barriere per acquisire nuove geometrie compositive prive di barriere: l’ assunzione di un universal design reso da presupposti epistemici di profilo interdisciplinare (*). Questo nuovo paradigma necessita di una presa in carico geocuturale che oggi è solo agli inizi.
Per reperire degli indici di misurazione della realtà prima accennata,oltre ai luoghi più consueti, basta visitare vari musei e siti archeologici, anche con campionamenti casuali….
La sistematicità sottende l'organizzazione “ funzionale “ (*) di un ambiente e/o di un territorio alle variegate e complesse necessità antropologiche. More geometrico, essa si fonda sui principi di interdipendenza - interrelazione in un sistema - modello dai tratti complessi. Da approcci epistemologici sappiamo che ogni sistema è l’ astrazione di un sistema più grande e ne contiene uno più piccolo. Questi costituisce un modello concettuale nelle organizzazioni complesse. Nel nostro caso , trattandosi della complessità uomo – territorio , la sistematicità (in negativo o in positivo) è imprescindibile e decisiva ; per questo sottolineiamo che rispetto alle altre categorie si correla come variabile indipendente. Pertanto in casi d’ intervento di rimozione disattesa , oggi non impossibile, ma (solo) poco probabile ,essi si ascrivono nella mancanza di sistematicità. Insomma, quando non vi è sistematicità subentra l’ arbitrio compositivo - urbanistico a particolare danno di alcuni strati - soggetti sociali particolarmente dipendenti dalle caratteristiche del territorio. In ogni caso, la sistematicità ed il suo carattere opposto non sono eventi neutralmente casuali. Da T. Kuhn in poi possiamo astrarre che in tal caso la mancanza di sistematicità funge da elemento di riproduzione - resistenza di un già citato vecchio modello di lungo raggio.
La valicabilità costituisce una prova empirica della descrizione precedente perché situata agli estremi di in un sistema. Rispetto ad esso regola, ovvero favorisce o preclude l’ accesso al conseguente sistema. Per sua struttura funzionale è entità di confine, costituendo una premessa generale – diffusa all’ accessibilità. Le coppie combinatorie valicabilità – accessibilità / invalicabilità – inaccessibilità costituiscono situazioni altamente probabili su ogni territorio.
La mancanza di tale requisito preclude il centro dalla periferia e la periferia dal centro secondo compartimenti stagni. Pertanto funge preclusivamente come nel caso dei rifugi inerpicati - da anfratti - presso fortificazioni. Essendo un decisivo prerequisito al cospetto dei varchi d’ accesso agli spazi organizzati, se non sussiste valicabilità si innescano le condizioni per la neoghettizzazione verso i soggetti che subiscono le barriere. Tale situazione si associa al tipo urbano antico, a i siti segregati /segreganti e poi virtualmente ai siti sottoposti a particolari restrizioni, a quelli disastrati, contaminati. Nel suo genere è un caso limite ma non raro, ove sussiste produce segregazione centrifugo / centripeta. E’ altamente probabile che la mancanza di tale carattere si correli all’ assenza di una molteplicità degli altri. Allora, nell’ insieme degli effetti di queste situazioni ci si trova di fronte ad un sistema di barriere architettoniche configuranti un corpo stratificato - complesso, definibile come una barriera dl tipo urbanistico.
Le barriere urbanistiche (S = Sommatoria) (s’ intende come sigma maiuscolo), come si può constatare, rappresentano una sotto / sovra categoria delle precedenti. Attenzione, sono tali solo perché derivanti da una sommatoria ponderabile delle precedenti e non certo per minore peso, valore e /o significato intrinseco residuale. Anzi, il coesistere delle citate variabili assume un peso complessivo in termini quantitativo – qualitativo, gli effetti in termini di ostacoli all’ agire si rivelano drastici - diffusi. Come approccio immediato basta verificarla nell’ ambito dei tipi urbani antichi – storici. Segnatamente i primi recano una presenza ad alta distribuzione di frequenza di barriere urbanistiche. La presenza di tale carattere può essere classificato in termini di un tipo urbano, definibile come città delle barriere. Le barriere urbanistiche rappresentano l’ espressione organizzativa più complessa di quella che è una trasposizione storico sociale di lungo raggio della funzione antropologica delle “ proto – barriere “ (*). Esse fanno intendere tutto il peso (qui inverso) della sistematicità di un agire. Ovvero l’ asistematicità di quell’ altro tipo d’ agire, storicamente – socialmente preclusivo. La sistematicità “ alternativa “ in questo caso consiste nel superamento delle barriere urbanistiche e l’arbitrio che innescano verso taluni soggetti sociali. Tale discorso, attuale e territorialmente diffuso, chiama in causa in prima persona i tipi urbani europei in genere e mediterranei in particolare.
La sgombrabilità evoca questioni inerenti la protezione civile in termini di pianificazione preventiva e non del territorio. Come già accennato, precedenti studi da noi condotti in questo Dipartimento e Facoltà hanno dimostrato che i luoghi effettivamente privi di barriere presentano ampi margini di sicurezza in casi di repentina sgombrabilità causata da calamità naturali e/o procurate. All’ inverso, i luoghi con b. a. presentano gravi limiti in tal senso e la gradualità di detti limiti muta in relazione ai caratteri preventivi o postumi degli interventi di soccorso. Quanto accadde nel 1983 presso il “ Cinema Statuto “ di Torino (*) rappresenta una (drammatica) verifica sul campo di quanto argomentiamo. Tale caso modello venne analizzato – simulato nell’ ambito del sopra citato Seminario. In pratica il concetto di rimozione delle b . a . presenta un peso anche in termini di sicurezza per tutti. Nel citato contesto il dato venne verificato con modelli teorici – situazioni pratiche. In ogni caso, la sua verificabilità non è necessariamente soggetta a casi specifici, ma universale.
L’ insieme di queste categorie,scaturendo da un rapporto sistemico , sia nell’ accezione positiva , che in quella negativa, metodologicamente non sono vincolate a manipolazioni necessariamente alternative tra loro. Anzi, sono atte a garantire l’ opposto. Per questo, rispetto ad analisi parametriche d’ insieme parliamo di ponderazioni e/o scale .
Sottolineiamo anche che le citate categorie sono perfettamente compatibili con la flessibilità e la creatività in un rapporto propedeutico .Questi costituisce anche uno stimolo teorico per il “superamento del notorio “ gusto delle barriere “, quale consuetudine culturale in svariati progettisti. Insomma, l’ idea che il progettare senza barriere limiti la creatività compositiva, risponde solo a stereotipi culturali e talune opere architettoniche lo dimostrano chiaramente.
L'analisi compositiva – progettuale – di piano e sociale delle citate 6 categorie più 1 sotto categoria è compito proprio di progettisti, urbanisti e sociologi del territorio di concerto con le utenze qualificate ed i referenti politici , finanziari ed amministrativi . Gli indicatori – variabili sopra analizzati sono stati organizzati in una prima (provvisoria) tavola sinottica dalla quale si dovranno desumere gli elementi metodologici per approcci empirici.
Acquisita l'analisi di cui sopra dovrà seguire un approccio sociologico urbano, ampliando in tale chiave l'utilizzo di tecniche proprie degli studi sociologici sul territorio (9). Con ciò ci si riferisce ad i seguenti approcci come puntati :
× l’ utilizzo della tavola sinottica prevede l’ apporto delle seguenti tecniche : analisi quantistico qualitativa : estrapolazioni statistiche descrittive / parametriche / non parametriche =
Contestualmente, i dati scaturenti da questi 6 approcci metodologici dovranno essere applicati per la “misura” della qualità della rimozione delle barriere. Per la costruzione di modelli analitici ,come strumento operativo di riferimento proponiamo l'utilizzo della citata tavola sinottica (x) riportata al margine del presente lavoro . L’ insieme delle informazioni potrà raggiungere leggibilità interpretativa ordinando e lavorando i dati come raffigurato verticalmente ed orizzontalmente da questo strumento sperimentale. La ponderazione quantità / qualità potrà essere realizzata utilizzando gli strumenti propri degli approcci parametrici di questo genere. Ipotizzando che l'universo dei dati raccolti rechi una distribuzione di frequenza normale, ovvero con una forma specifica, (vedi sistematicità) riteniamo che questo presupposto rientri nei modelli statistici parametrici. Da qui si può mettere in atto il calcolo della varianza. Ovvero, partendo dal presupposto che l'inclusione di un caso non comporti l'esclusione di un altro automaticamente, si può passare appunto al calcolo della varianza, ossia la misura della dispersione dei valori statistici. Nel nostro caso tale tecnica parametrica è indispensabile per stabilire se tra due e /o più campioni esiste una differenza statisticamente significativa e se ciò si relaziona ad un universo. Poi le tecniche di analisi della varianza forniscono lo strumento di analisi qualitativa e quantitativa, ovvero parametri tra concetti e valori, in pratica si tratta proprio del caso specifico in trattazione. Basta citare le ponderazioni necessitanti dalle barriere urbanistiche .In ogni caso, per la presente questione, potrebbero essere utilizzate anche statistiche non parametriche per l'utilizzo di scale ordinali e nominali.
Le restanti tecniche , in sé piuttosto comprensibili, attengono preminentemente all’ indispensabile approccio interdisciplinare : la sociometria serve a misurare il primo impatto tra il fruitore e l’ opera realizzata / da realizzarsi, la storia di vita serve a misurare gli indirizzi – qualità della vita in rapporto alle b. a. , le restanti tecniche servono come strumenti operativi di tipo quantitativo / qualitativo – descrittivo - visivo – statistico riassuntivo.
In sostanza, il presente modello vuole essere uno strumento analitico derivante da saperi di confine fra architettura e sociologia, con l’ apporto di modelli statistici.
Tra gli indicatori di qualità, come si evince dai notori attestati ISO indirizzati verso i temi delle disabilità (10) , vi è anche ciò che non è stato progettato perché non annoverato. Nella ponderazione delle questioni qualitative si dovrà tenere conto anche di questo indicatore perchè altamente discriminante , altrove approfondiremo con esempi concreti questo aspetto.
Quello delineato è un percorso metodologico necessitante di ulteriori verifiche sperimentali, con talune fasi tutte da verificare sul campo. In ogni caso si pone come elemento di discontinuità rispetto ad assetti rispondenti a criteri meramente burocratici. La nuova strada da percorrere può discendere solo da un efficace approccio interdisciplinare tra architettura progettuale - urbanistica e sociologia del territorio. Tutto ciò, per sgombrare il campo da errori, luoghi comuni e pseudo mutamenti progettuali, con relativi danni per la cittadinanza interessata , la spesa pubblica e privata.
A sua volta, alla luce dell’ insieme di questo percorso ci si avvale della peculiarità di rappresentare simultaneamente i requisiti dell’ utenza tecnica.
Auspichiamo che i citati strumenti trovino ulteriori sviluppi, ma non solo nel campo meramente accademico. Sottolineiamo che in questi anni interventi di rimozione delle b . a . scorretti già hanno determinato diffusamente i sopra accennati danni, sovente difficilmente riparabili con danaro pubblico perché in termini di carenze nei bilanci e giustificazioni di spesa, oggi è molto difficile tornare sul medesimo capitolato. Questo sia per motivi di opportunità – priorità finanziaria che per immagine politica e / o professionale di taluni artefici dell’ opera! Di conseguenza, almeno in tempi medio – brevi, una scorretta rimozione delle b . a . è destinata a restare tale…..
Questa realtà perversa si verifica non solo in Italia , ma anche in altri paesi della U .E . Questo malgrado i giusti, però troppo generici principi sanciti dalle Carte di Megaride (1994) e Norcia (2003) , riproducendo in forma stagnante e su vasta scala i limiti già accennati. Per quanto riguarda l'Italia, una prima applicazione pratica in tal senso, riteniamo possa essere una profonda revisione delle modalità per il rilascio dell’attestazione di conformità come da D.P.R. 503 / ‘ 96 art. 21 ( o futuro documento equivalente) .A tal proposito sottolineiamo che detta normativa è in tutti i sensi obsoleta e pertanto da riformarsi urgentemente. Infatti nutriamo circostanziati dubbi che dal solo attuale impianto normativo possano scaturire indirizzi sufficienti a realizzare in modo serio ( sistematico) un piano per l’ abbattimento delle b . a . Non a caso , con quegli strumenti , sappiamo quanto – come si è fatto sin ora. A sua volta, sarebbe ora che i sistemi di rilevazione statistici ISTAT – EUROSTAT iniziassimo a lavorare producendo dati attendibili in termini di rappresentatività - verificabilità. Prendano atto che dopo la grande questione della Vita Indipendente la questione delle Barriere Architettoniche costituisce un indice di grande significanza statistica rispetto alle materie delle marginalità – segregazioni sociali.
Stando alle regole, di fatto le norme europee fondano su indirizzi caotici del fai da te in ordine sparso. Occorrono indirizzi seri e chiari (omogenei) verso gli stati parte. Poche eccellenze, molta mediocrità e / o ignoranza. In altre parole , si tratterà di superare quel recitare a soggetto dagli effetti talvolta pregevoli, in molte altre scadenti – risibili (*).
Fortunatamente il presente metodo - modello , in quanto strutturale , prescinde e travalica tutte le normative contingenti ,sia verso il pubblico che il privato , in Italia come all’ estero. Appunto, fissando questi ragionamenti al livello europeo, si propone l'utilizzazione di questo strumento operativo in ottemperanza della Risoluzione del Parlamento Europeo “ Verso un’ Europa senza barriere “ del 2002 (*). Detta risoluzione, non solo diffonde al livello europeo il principio dell’ l'eliminazione delle barriere, ma rappresenta tale atto come un obiettivo comune e pone l'accento sulla questione della formazione di professionalità in modo armonico per ottemperare adeguatamente a tale obiettivo a partire dal territorio del U E. Il documento è innovativo e qualificante, ma comunque non basta perché occorre sistematicità – esigibilità delle norme. Anche in conseguenza della Convenzione ONU su i Diritti delle Persone disabili, giustapponendo i contenuti degli Art. 8 < > 19 , tali dettami si devono intendere trasferiti (integrati) nella Carta dei Diritti dei Cittadini dell’ U. E. Solo in tal modo si può avviare una seria geopolitica – geocultura in materia.
Si tratta di mutamenti indispensabili, basta solo verificare cosa ha prodotto il Progetto Europeo Urban in rapporto alla questione: la sua elusione, lasciando campo libero al replicarsi speculare dei soliti limiti. E’ da rimarcare che si è trattato di un’ ennesima occasione sprecata.
Pur restando ogni perplessità in materia accesso alla partecipazione democratica, nell ‘ ambito degli interventi operativi e propedeutici a quanto sin qui argomentato , auspichiamo che si istituiscano degli organismi istituzionali con la funzione di osservatori permanenti per il monitoraggio della rimozione delle b . a . Detti organismi dovrebbero avere la capacità di promuovere e controllare la materia in termini quantitativi – qualitativi e formativi nel senso più estensivo.
Nella società odierna , globalizzata, post – industriale e creativa / marginalizzante (11), si imporrebbero le pari opportunità per raggiungere una vera integrazione sociale con conseguente inclusione da parte delle persone RELATIVAMENTE ABILI…..quelle comunemente (formalmente) conosciute come disabili.
E’ necessario affermare con forza che fra Vita Indipendente e Territorio Universale e risiedono due dei più importanti indici per misurare il godimento dei diritti umani e soggettivi delle persone disabili nel sistema mondo. L’ analisi del sistema mondo rappresenta un altro modo di impegnare i saperi (anche interdisciplinari) per comprendere – costruire il mondo (12) e questo riguarda anche le vicende di noi altri, ma che si faccia non prescindendo da noi altri. Il mutamento globale dai caratteri odierni è pienamente in atto, facciamo che in tutti i campi questo non si manifesti ancora una volta su di noi. Pertanto, ogni strategia operativa che sia correttamente consapevole , dovrebbe porre a centro questi presupposti ed i conseguenti strumenti teorici e metodologici per renderli esigibili.
BIBLIOGRAFIA E NOTE
1) P. Guidicini , Nuovo manuale per le ricerche sociali sul territorio F. Angeli Mi 1978 ;
2) C. Roberti, (in L. Scotto di Vettimo , a cura di) Spazio senza barriere Clean Na 1991 ;
3) C. Roberti , Op. cit. ;
(*) Per luoghi inusitati delle barriere s’ intendono tutti quei siti dove non è reputata culturalmente concepibile e/o (tuttalpiù) consuetudinaria la frequentazione da parte di disabili . Di conseguenza ivi non è previsto alcun intervento per consentirne le fruibilità, o al massimo il discorso è allo stato molto latente. Si tratta di siti segnatamente impervi quali: località naturali particolarmente invalicabili – inaccessibili per questioni di quota e disconnessione.
Nell’ ipotesi si voglia utilizzare il presente modello per questi tipi , esso dovrà essere adattato.
4) Vedi su tale questione materiali e bibliografie monografiche ;
5) G. Selleri , Legislazione e handicappati Del Cerro Pi 2002 ;
6) B . Lentini M. Occhiuto , La città accessibile Alinea Fi 1991 ;
(*) Nel merito dei rapporti “ difficili “ tra Urbanistica e Sociologia Urbana esiste una bibliografia significativa ed articolata . Qui non è riportata perché solo indirettamente collegata a questa monografia ;
7) M . Weber , Economia e società Comunità Mi 1980;
8) K . Marx , Il Capitale L . I° Ed. Riuniti Roma 1975 ;
(*) I sette principi dell’ universal design rispondono a degli enunciati soggetti a letture generiche
assoggettabili ad opinioni operative. Essi fondano su presupposti da saperi preminentemente
pragmatici e non su riflessioni antropologico sostanziali. Il presente modello mira a compensare tale
limite.
(*) Il Funzionalismo ed i suoi illustri esponenti , per sue implicazioni teoriche è stato “ funzionale” alle riproduzione – rafforzamento della cultura delle barriere architettoniche . Questo è un dato di fatto inconfutabile sul quale non si può fare altro che indagarne le ragioni solo liberandosi da quei notori orpelli ideologici di tipo emotivo - corporativo ;
(*) Categoria analitica estrapolata da mio lavoro di imminente pubblicazione ed impegnata in “ Dal progetto al progettista (…….) “;
(*) Presso quel cinema vi furono molte vittime (tanti giovani) delle barriere architettoniche , pur non essendo presenti spettatori disabili;
Il citato documento è attualmente disponibile da fonte istituzionale solo in francese;
9) P. Gudicini , Op. cit. ;
10) A. Levrero, La qualità nei servizi per i disabili, Vannini Br 2001;
(*) Vedi stralcio raccolta foto a campione non probabilistico;
(*) Testo alla fonte disponibile solo in francese;
11) D. De Masi , Il lavoro creativo Il Mulino Bo 2002 ; L . Gallino , Globalizzazione e disuguaglianze La Terza Ba 2001 ;
12) O. Lentini, La scienza sociale storica di Immanuel Wallerstein, F. Angeli Mi 1998 ;
13) SEGUE TAVOLA SINOTTICA :
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TABELLA SINOTTICA |
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BARRIERE ARCHITETTONICHE E URBANISTICHE (*) |
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CATEGORIE |
MISURE |
ITEMS QUANT./QUAL. |
ESITI |
TEST PARAMETR. / NON |
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(i) |
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(II) |
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(III) SCALE |
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(III) SCALE |
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(IV) |
(V) |
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H |
L LU |
P ( / ) |
m/l |
m/2 |
m3 |
C.P.C. |
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U.A.T. |
A.T.U. |
SI |
NO |
mod/n |
mod/N |
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%S * |
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SC.SN. |
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MU |
SI |
NO |
F |
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ADATTABILITA’ |
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I COLONNA : LECATEGORIE DELLE B.A. NELLA LORO SEQUENZA. * * |
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II COLONNA : LE MISURE SPAZIALI DA INDICATORI ARCHITETTONICI. |
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III COLONNA : GLI ITEMS PER DELINEARE QUANT. E QUALITATIVAMENTE IL |
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FENOMENO , ESSI SONO UTILIZZABILI ANCHE PER LA STRUTTURAZIONE DI SCALE . |
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IV COLONNA : GLI ESITI VALUTATIVI A RISPOSTA CHIUSA. |
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V COLONNA : GLI ESITI SINTETICI DI TEST PARAMENTRICI E NON. |
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UNA LETTURA ORIZZONTALE PUO ESSERE UTILE PER INTERPRETAZIONI PARZIALI . LE BARRIERE URBANISTICHE SI DESUMONO DALLE PONDERAZIONI QUANT. / QUALIT. DELLA REALTA’ TESTATA . * * * LE B .SENSORIALI SONO IMPLICITE NEL MODELLO MA IN PARTE DA DETTAGLIARSI UTILIZZANDO LE SEGUENTI CATEGORIE : VISIBILITA’ TATTILE – ORIENTABILITA’ SONORA . DA QUESTO IMPIANTO VANNO COSTRUITE SCHEDE E QUESTIONARI . |
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LEGENDE : (*) Inclusiva per assimilazione analogica “ Sistema Loges “ H = ALTEZZA ; L = LARGHEZZA ; LU = LUNGHEZZA ; P = PENDENZA |
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C.P.C. Caratteristiche piano calpestio = R -Ripido; I - Irregolare; |
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SC - Scivoloso; SN – Sconnesso ; M - Molle; MU - mutevole (Etereogeneo) |
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S * (sta in luogo di Sigma maiuscolo con trattino di media sovrapposto) = SOMMATORIA DELLA MEDIA DELL' UNIVERSO .
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U.A.T.= Utilizzazione Ausili Tecnologici A.T.U.= Ausili Tecnologici Utilizzati: F- Fissi M - Mobili |
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C.T.M.= Collegabilità tra modelli (parametricità) |
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m l = metri lineari ; metri 2 = metri quadrati ; m 3 = metri cubi ; ( / ) = pendenza . |
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Alcune fotografie di barriere architettoniche a Napoli (foto di C. Roberti)
Nota dell'autore. La presente galleria di foto riguarda situazioni riscontrate sui territori di Napoli, Caserta e rispettive province. Quasi tutte sono ancora in opera e la foto 20 non riguarda direttamente le b. a. (di fatto le crea) ma il senso civico delle istituzioni. Per il restante, si tratta di " soluzioni " comunemente diffuse; sono riscontrabili ovunque, incluso all' estero. Questa precisazione serve a chiarire che sarebbe riduttivo legare questi fatti alle " sole - solite " faccende colorite e paradossali del paese di Pulcinella. Una lettura del genere forse potrebbe risultare divertente, ma sarebbe scorretta e riduttiva rispetto all' emersione di una questione complessa e globale da affrontare innanzi tutto in termini scientifici e normativi.
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FOTO15..........FOTO16.........FOTO17...........FOTO18............FOTO19............FOTO20...........FOTO23...........FOTO25
Vedi altri articoli di Claudio Roberti:
- percorsi di vita indipendente
- dati ISTAT sulla disabilità italiana
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