10 novembre 2007
LA QUESTIONE SURREALE DEL CONTRASSEGNO DISABILI, DA CONGETTURE A CONFUTAZIONI.
Nell’ ambito di un precedente intervento ho trattato articolatamente l’ urgente necessità di riformare il Contrassegno Disabili, cosi come è ai sensi del Art. 381 del Regolamento C d S < > DPR 503 / 1996. Un provvedimento nato vecchio, copia semi – conforme dell’ abrogato DPR 384 / 78 (*).
A sua volta, in aggiunta ad i soliti ritardi di un paese refrattario ad ogni mutamento (incluso ambiti disabilità) , in tale percorso si è innestato un ulteriore elemento di complicazione – intralcio: un ricorso rivolto all’ Autorità Garante della Riservatezza (Privacy) vertente ad asserire che il logo dell’ uomo in carrozzina fungesse da simbolo tendente a violare un “ aspetto personale “ , assoggettabile a tutela di riservatezza. Visto che l’ attuale contrassegno, malgrado i suoi limiti, tutela i dati personali, cosa vi sarebbe da riservare?.....
A questo punto mi sembra interessante ed utile approfondire i fatti….” mettere a nudo “ questa situazione. A seguito del senso intenzionato....di quell’ istanza, nel 1999 il Garante reputò quel logo non legittimo. Ora , vi è da chiedersi , cosa vi sarebbe di illegittimo in quel simbolo?..... Fra le righe di quell’ Art. 74 , C. 1° del D L 196 20003 si chiarisce l’ arcano. Evidentemente, il problema non è nella salvaguardia dei dati personali, ma in un bisogno, piuttosto pericoloso, patetico - puerile, di voler occultare una condizione personale evocata da quel simbolo!
Da persona gravemente disabile dalla nascita, affermo che questi sono i fatti ed è ora di smettere di girarci intorno! Come sociologo studioso della tematica disabilità , credo di essere libero da ipocrisie e falsi pudori! In sintesi, questi sono i contenuti su cui fonda detto ricorso e da qui discese il dispositivo del Garante. Gli effetti di questo agire evidenziano un’ ideologia arcaica. Inoltre, sostengo che , in ottemperanza a questa forzatura ideologica, il Garante andò ben oltre le sue competenze istituzionali. Infatti, il Garante deve occuparsi di salvaguardia di dati personali, non di tentare di assecondare un desiderio di rimozione - occultamento di una condizione…..dimostrando di condividerne il principio ispiratore.
Da informazioni reperibili anche sul web, si può evincere che tale azione è stata mossa da una ( o forse più?...) persona disabile e suffragata da parte di una delle tante “ associazioni “ appartenenti ad un universo, troppo sovente, tanto infinito quanto strumentale. Probabilmente, il tutto si spiega in termini di gioco intercambiabile delle parti…..ma su queste inter- intra / cambiabilità di soggetti e ruoli tornerò alla fine……
Come anticipato, il Garante ha ritenuto l’ istanza legittima e l’ ha accolta. Di conseguenza, il Legislatore si è conformato a mezzo dell’ altro citato provvedimento. Per come stanno apparentemente i fatti , si dovrebbe provvedere alla promulgazione di un contrassegno “ neutro - asettico “, probabilmente in formato di codice ad hoc.
In molti ritengono questa storia assurda, ma non riescono a formulare soluzioni per uscire da una faccenda tanto surreale, quanto squallida, ridicola, ma innanzi tutto retriva.
Vorrei tentare di dare qualche dritta per sciogliere questo nodo gordiano.
Innanzi tutto potrei soffermarmi sul fatto che l’ uomo in carrozzina è un simbolo riconosciuto dalle maggiori istituzioni di livello internazionale, quali ONU – UE. Quasi in tutte le nazioni delle aree centrali , semi – periferiche del sistema mondo, incluso Italia, la cultura popolare (bene o male) ne ha recepito il significato. Ora, si dovrebbe partire nuovamente da zero. Di certo questi sono aspetti concreti di non poco conto, ma non bastano. Qui occorre andare oltre, risalire alla radice culturale della questione.
Quell’ istanza ed i relativi provvedimenti di accoglimento, fondano su risapute congetture (sotto)culturali da confutare con riferimenti scientifici e chiarezza, per motivi che vanno ben oltre una faccenda di tipo burocratico, da Codice della Strada.
A questo punto è bene chiarire che le cosi dette “ disabilità “ devono essere scorporate da una serie di stereotipi culturali stratificatisi in migliaia di anni di cultura antropologica - storia sociale. Quello stesso vocabolo registra e ri – produce etimologicamente una forma di falsificazione concettuale. Gli stessi ICF – OMS , portatori di un nuovo paradigma, nulla mutano in proposito. Il termine è restato tale perché derivante dalla vitalità linguistica di un vecchio paradigma. Esso tende a totalizzare il carattere del prefisso DIS, ponendo in subordine residuale il suffisso ABILE. Allora, cosa dovremmo fare? Rivolgerci al Garante della Lingua?......
Siamo seri, la verità sta nel fatto che le lingue hanno un loro percorso sociolonguistico ed anche i linguaggi scientifico – tecnici, in forme – modi diversi, sono assoggettati ed esso.
Fatta questa premessa, sarebbe ora che una serie molto vasta di popolazione (“disabili “ e “ normali”) prendesse atto che trattiamo di una condizione antropologica esistente da quando esiste l’ uomo. Anzi, possiamo affermare che essa esiste in natura, visto che anche gli animali possono essere disabili. In tal senso, le disabilità sono evento giusnaturalista. Detta condizione antropologica , non solo è possibile, ma per una serie di cause sia naturali che culturali può essere anche altamente probabile. Verso gli umani nati / divenuti tali , per induzioni - scelte storico sociali dell’ entità antropologicamente maggioritaria (“ i normali “) , sono state messe in atto tipologie di eliminazioni , abbandoni , segregazioni. Tali situazioni, qui solo enunciate in estrema sintesi , sono ancora rispettivamente presenti nelle varie aree del sistema mondo. Esse hanno innescato nello spazio e nel tempo una costruzione sociale della devianza i cui effetti sono molteplici ed evidenti anche in contesti odierni e vicini. In tali ambiti, si sono suistematizzate varie tipologie di marginalità e discriminazioni verso / fra disabili, esse hanno tramutato – travisato il concetto di diversità in quello di inferiorità. La questione ha assunto i caratteri di modello culturale dominante, in una società complessa, globale.
Virtualmente, nessuno sarebbe immune da tale impantanamento culturale , la questione contrassegno ne rappresenta un caso eloquente.
Malgrado la situazione dominante, non necessariamente tutti sono assoggettati ad un appiattimento diffuso, conformistico. Ecco che mi sembra sia il caso di dare un contributo per uscire da una sorta di processo circolare dai risvolti istituzionali. Allora, qui si tratta di smontare fino in fondo una congettura arbitraria, che produce i già citati danni.
Per i motivi sopra esposti in forma sintetica, le disabiltà non possono essere inquadrate come se fossero dati da riservare, vizi privati da sottrarre alle pubbliche virtù – panni sporchi da lavare in famiglia!..... Su cosa regge questa vulgata?.....Su di un’ evidente e maldestramente celata questione di vergogna! La vergogna è un sentimento umano comprensibile, ma non deve arrecare danno alla dignità umana. Inoltre, non è accettabile che si scarichino sulla moltitudine gli effetti dei limiti di taluni. Francamente, alcune situazioni vanno affrontate e risolte in termini di consiglieri alla pari (pear consuling).
E’ eticamente deprecabile e sociologicamente significativo constatare che talune persone disabili e tal altri profili impegnati in lavoro intellettuale, non riescano a comprendere che l’ antropologia in forma disabile appartiene al sociale ed in quel contesto deve dispiegare le proprie potenzialita!
La questione contrassegno è simbolicamente pericolosa perché la volontà di eliminare quel veicolo segnico evoca la cultura della collocazione separata, questa è prossima alla segregazione, gli inserri nelle istituzioni totali.
Il Garante sulla Privacy ed il Legislatore , avallando istanze di questo tipo ostacolano - danneggiano i già difficili percorsi per un’ integrazione – inclusione sociale delle persone disabili. In questa fattispecie, di fatto fra il 1999 ed il 2003 sono stati promulgati provvedimenti che finiscono per favorire - riprodurre in forma latente lo stigma sociale. Si è incoraggiato in talune persone disabili una tendenza all’ anonimato corporeo, alla propria negazione, avallando la rimozione dell’ icona che lo rappresenta. Di fatto l’ attuale situazione stagnante, fonda quegli sbarramenti giuridici su di una volontà strumentale e demagogica di voler occultare – rimuovere la disabilità. In questo spaccato , “ disabili e normali “ si stratificano per un obbiettivo assimilabile, il paradosso è solo apparente…..
In tal caso la norma è andata oltre, per spostamento dei fini…..
Non dimentichiamo che è il sociale a produrre la norma…..
Per l’ insieme di questi motivi vi sarebbero le condizioni affinché tutti i protagonisti di questa vicenda ne rispondessero ai sensi della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone Disabili, Preambolo, Lettere e, g, h, i, k, m, n, v. Art. 3, 4, 5, 8, 9, 14, 18, 19, 20.
Il sottoscritto non è mai stato fautore della filosofia del “ disability pride “, ma qui si entra in un eccesso opposto, retrivo, pericoloso, psicologicamente patologico.
Entrando in ulteriori ambiti di questa congettura dai contorni anche grotteschi, è da prendere atto che vi sono persone disabili che ritengono di non voler fare associare il veicolo in uso con la (loro) condizione personale. Tentando di raffigurare teatralmente questa grande illusione alla stregua di una contorsione mentale da drammatizzare…..gli eventuali adattamenti al veicolo - comandi potrebbero essere coperti da un qualche accorgimento…..andrebbe bene un grande coperchio, un tendaggio o un lenzuolo. Il lenzuolo ed il coperchio sarebbero simbolicamente più adeguati perché evocanti un velo pietoso,una pietra tombale...... Certo, i fatti si complicano quando questi sfortunati entrano / escono dal veicolo. Come risolvere questo grave problema?.....
La soluzione potrebbe essere quella di fare tale operazione in luoghi desertici ,chiusi in un sarcofago. Oppure , facendo evacuare i luoghi da occhi indiscreti. Peccato che non esiste il Garante della Spiritualità (trasparenza) dei Corpi. Solo egli, ispirandosi ala filosofia platonica, potrebbe risolvere il problema spiritualmente!....
Continuando a leggere questa faccenda surreale con approcci meno metafisici , vi sarebbe da considerare che:intanto questa fobia iconoclasta dovrebbe riguardare anche la segnaletica verticale, impedendo l’ ostentazione di quello sconcio affisso ad un palo. Inoltre, posto che si sostituisca il tanto scandaloso uomo in carrozzina con un codice….inevitabilmente gli immancabili “ indiscreti ” (il paese è piccolo, la gente mormora…il villaggio è globale…) assocerebbero quella fattispecie di codice alla presenza di una persona disabile. La psicologia della gestalt non perdona……
In quel caso, cosa avverrebbe?..... Il Garante sulla Privacy dovrebbe affrettarsi ad intervenire per far cambiare i connotati dei codici! Oppure, si potrebbero segretare i codici, cambiandoli in continuazione, come avviene in ambiente militare, per i servizi di sicurezza…..gli omissis applicati alla disabilità!....
La dinamica di questi fatti evoca una grande pantomima, ricorda la Commedia dell’ Arte con il famoso segreto di Pulcinella…..
David Anzalone (Zanza) è un giovane attore di cabaret, spastico come me, inscena satira tematica. Gli propongo volentieri di attingere da questa faccenda. Vi è abbondante carne (non solo disabile…) da…. mettere a fuoco!......
Insomma, siamo seri e si smetta di inventarsi falsi problemi in nome di sedicenti rappresentatività e fantasiosi garantismi , suffragando il tutto con forme di assecondamento fondate solo su criteri pietistici e trovate improvvisate mosse da idee vecchie.
La faccenda contrassegno rappresenta uno dei tanti casi dove emerge che in Italia esiste un grave problema di rappresentanza democratica rispetto alla formulazione delle istanze politiche. Questi ambiti tematici non sono da meno. La faccenda contrassegno rientra in uno degli n casi che servono da indicatore per desumere che i disabili in Italia non hanno rappresentanza politica.
La questione si giustappone alla necessità di promuovere politiche partecipative e culturali che siano seriamente diffuse, incisive. Tali ambiti dovrebbero essere universali, comprendere parallelamente – simultaneamente persone disabili e non disabili. Per quanto riguarda i primi: si impone la necessità di essere posti nelle condizioni di elaborare la propria condizione, impossessarsi di contenuti con consapevolezza. In pratica , bisogna sdoganare il famoso “ empawement “ , liberarlo da un utilizzo meramente propagandistico.
Circa i secondi: fare in modo che si liberino da quella vecchia cultura da collocazione segregativa - discriminatoria. Comprendere che la questione disabilità è materia culturalmente complessa, necessitante di approcci interdisciplinari. A seguito degli effetti della divisione del lavoro applicata verso di noi, il monopolio medicale ha fatto in modo che molti intellettuali (troppi) si rivelino come privi di categorie analitiche applicabili al tema. Sovente , si ha l’ impressione che vengano a mancare finanche le capacità d’ astrazione…..taluni normaloidi, anche colti, tendono ad esorcizzare le disabilità. Si tratta di una dinamica sottile, fra inconscio / conscio. L’ atto emerge come mosso da una forma di panico dotato del potere di offuscare le menti, anche quelle eccelse….
Restando al tema immediato, il contrassegno deve essere riformato urgentemente, cosi come è rappresenta solo un cimelio antiquato che crea solo disservizi ed abusi.
Vivendo in un contesto da sistema mondo (**) i disabili italiani hanno diritto ad utilizzare un modello moderno e tecnologicamente efficiente – non assoggettabile a falsificazioni e che sia riconoscibile a livello internazionale. A sua volta, i disabili stranieri che si recano in Italia, non si possono imbattere in ridicole situazioni criptate. Infatti, i cittadini disabili appartenenti agli altri stati dell’ U E hanno il diritto di circolare liberamente nel nostro paese senza trovare ostacoli e vessazioni assurde. Simultaneamente, presso i territori degli altri stati dell’ U E., i cittadini disabili italiani hanno il diritto di poter esibire un modello di contrassegno che sia praticamente e formalmente riconoscibile, evitando di trovarsi in serie difficoltà.
Anche in tal modo si promuovono e tutelano percorsi per una vita indipendente.
Non vi è motivo razionale per negare questi diritti , inoltre cerchiamo di evitare inutili contenziosi.
Sicchè , non coppriamoci di ridicolo come sovente avviene e chiudiamo questa faccenda risibile in modo coerente e serio.
Si sappia che le pratiche anti - discriminatorie verso le persone disabili sono fatti seri che si possono perseguire secondo i contenuti della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone Disabili!
Basta con i falsi problemi, ci bastano ed avanzano quelli veri!
Venendo al dunque, attualmente al Senato della Repubblica è stato presentato il Disegno di Legge n° 1859 a firma Dei Ministri Nicolais e Padoa Schioppa, rispettivamente titolari dei Dicasteri delle Riforme ed Innovazioni nella P. A. e delle Finanze , Tesoro etc.
Bene, questa è l’ occasione per immettere innovazione secondo criteri di competenza, contenuti incisivi , qualificanti nel senso migliorativo. Per quanto mi riguarda , detti indirizzi li ho forniti in un intervento già citato, auspico altri facciano altrettanto e si lavori su quel testo.
Per quanto riguarda il ruolo dell’ Autorità Garante sulla Riservatezza: da figura autorevole quale è, riveda quella Disposizione e si attenga alle sue competenze. Queste riguardano tante altre questioni, dove si includono gli interessi delle persone disabili.
(*) C. Roberti, Qualcosa da cambiare, in MOBILITA’ n ° 43 – 06;
(**) Le categorie analitiche come da grassetto attengono ad un mio studio storico sociale (sociologico) di prossima pubblicazione.
Vedi altri articoli di Claudio Roberti:
- percorsi di vita indipendente
- dati ISTAT sulla disabilità italiana 1
- dati ISTAT la chiave di volta 2
- dati ISTAT Organizzazioni no-profit 3