ROBERTI “VS” SCHIANCHI: UNA “CONTROREPLICA” NECESSARIA AL CONFRONTO SCIENTIFICO E CULTURALE SU TEMATICA ‘DISABILITÀ’
di Claudio Roberti
Premessa
Nel dicembre 2012 pubblicai, sul sito web superando.it, una disamina critico-metodologica in merito al saggio di Matteo Schianchi Storia della disabilità. Dal castigo degli dèi alla crisi del welfare (Carocci, 2012) (1). Schianchi, interpretando l’articolo come un attacco personale gratuito, replicò eludendo la materia in sé e concentrandosi, piuttosto, sui contenuti polemici (2).
Dopo ampia pausa di riflessione, valutati i pro e i contro del caso, ho deciso di prendere l’iniziativa della controreplica, questo non solo perché non sono un amante del ‘tralasciare e subire’, ma anche perché non amo i buonismi di maniera, tanto più tra di noi, visto che combatto in modo acerrimo quelli su di noi. Inoltre, credo di essere nelle condizioni di articolare ulteriori ragionamenti utili al dibattito sul tema “disabilità” anche prescindendo dalla diatriba “Roberti VS Scianchi”. Tra l’altro, a ben riflettere, ritengo che queste “partite Napoli vs. Milan / Milan vs. Napoli” rappresentino degli spaccati letterari effervescenti-divertenti per molto italiani, nonché utili per i lettori in termini educativi circa la tematica “disabilità” e conseguenti stereotipi. In altri termini,da questo confronto emerge che anche noi siamo umani,quindi recanti quei caratteri intercettati fra T. Hobbes e S. Freud…
Per snellezza e presa comunicativa ho scelto di articolare il tutto prendendo a modello la forma comunicativa del dialogo. Ho scomposto la citata replica di Scianchi (che è consigliabile leggere dal sito web succitato, vedi nota 2) in critica/controcritica, attenendomi ovviamente alla sua sequenza.
S. = Schianchi; R. = Roberti.
S.: Il sociologo Norbert Elias termina il suo testo Coinvolgimento e distacco (Il Mulino, 1988), invitando ad avere un “distacco coinvolto” rispetto all’oggetto studiato. Se infatti il coinvolgimento personale è sempre un “motore” per ciascuno, anche per avviare un percorso di ricerca e prendere posizione, Elias ci mette in guardia: il rischio, magari inconsapevole, è quello di piegare il rigore scientifico, per fare del sapere un mero strumento di potere, un gioco pro domo propria. In questo modo, ci si preclude la possibilità stessa di conoscere.
R.: Non avendo molti argomenti, Matteo Schianchi “modella” anche Elias alle sue rappresentazioni riduttive. In tal caso sembra di tornare alla vecchia sociologia avalutativa discendente dallo struttural-funzionalismo di Talcott Parsons, un modello ormai superato persino negli USA.
R.:Inoltre, nel mio caso a quale potere mirerei?....Schianchi perché non lo argomenta?...Queste sono le classiche cantonate di chi vuole giudicare le persone senza conoscere la loro storia di vita pur di arrampicarsi sugli specchi!....
S.: Nella trappola di cui avverte Elias casca abitualmente anche Claudio Roberti, come si evince sia dal suo libro [L’uomo a-vitruviano. Analisi storico-sociologica per altre narrazioni delle disabilità nel sistema-mondo, Aracne, 2011], sia nella sua critica al mio testo, pubblicata su queste stesse pagine [“Per un nostro dibattito scientifico” di Claudio Roberti, N.d.R.] (3).
R.: Dove, come e in quale modo si evince quell’“abituale” coinvolgimento non distaccato? Perché Schianchi non cita i riferimenti specifici, iniziando dallo scritto pubblicato presso superando.it? Verrebbe da chiedersi: lo ha letto il libro? Questa lacuna è confermata dai molti (troppi) elementi indicatori che fanno supporre che Schianchi L’uomo a-vitruviano lo abbia al massimo sfogliato e soltanto dopo aver scritto il suo libro, ma su questo ci torneremo poi. Per quanto concerne gli argomenti che introduco nell’articolo menzionato, a me sembra piuttosto di aver scoperchiato svariati vasi di Pandora.
S.: Quando si parla di scienze sociali e si comincia affermando «nulla su
di noi senza di noi», mi allarmo: l’autore sembra prendere troppo il sopravvento
sull’analisi stessa.
R.: Intanto, la formula «Nulla su di noi senza di noi» non è una trovata fantasiosa di Roberti, ma proviene dalla Carta di Madrid del 2002 (verificare sul web). Solo partendo da questa a mio avviso possono essere compresi a fondo il senso generale e i concetti sistematici della nostra Convenzione ONU. Inoltre, l’affermazione di Schianchi è infondata, fuorviante e futile perché la formula citata non vuol dire affatto “solo da noi”. Infine, ammesso pure che lo fosse, essendo uno di noi Schianchi non dovrebbe assumere il ruolo della vittima ingiustamente fraintesa o maltrattata perché Roberti vuole espellerla per mancanza di permesso di soggiorno.
S.: Se è vero, infatti, che gli studi sulla disabilità sono nati dalle persone con disabilità e che queste ultime possono, in molti casi (ma non sempre, giacché anche gli studi sulla disabilità si sono spesso concentrati su alcune disabilità), conoscere molto bene, sulla propria pelle, l’oggetto di studio, tutto ciò non è sufficiente a produrre maggior conoscenza.
R.: L’osservazione partecipata dove la mettiamo? Ancora una volta Schianchi crede di poter aggirare uno studioso del calibro di Max Weber e quanto ne è stato recepito da parte della sociologia anglosassone, incluso quanto prodotto da noi. Per il resto sottolineo che gli approcci vitruviani alla tematica non sono immuni al limite della “parcellizzazione”, anzi lo hanno esasperato in virtù della vecchia lettura medicale incentrata su malattia, menomazione e conseguente tassonomia. Di contro, le nostre “parcellizzazioni”, se fondate su una prospettiva sociale, si possono integrare, e molte riflessioni sono di fatto propedeutiche. Esempi concreti: gli ambiti dell’ istruzione, i percorsi della Vita Indipendente, l’architettura universale, la gamma degli ausili e i vari referenti del collocamento mirato. I vari CDS lavorano su questo, non a caso.
Il mio studio è dimostratamene olistico e tale tratto segna fortemente tutta la narrazione. Inoltre, Fernando Bouza Alvarez, Michel Foucault, Michel Tregenza, Ervin Goffman ed altri, pur non essendo a-vitruviani, ritengo abbiano fornito fondamentali contributi alla materia.
S.: Data la carenza di analisi sul mondo della disabilità, mi accontenterei di argomentazioni e analisi all’altezza di un sapere più approfondito, capace di fare emergere l’articolazione e la complessità della realtà. Il fatto poi che a produrre questo sapere siano persone con o senza disabilità è un dato ugualmente rilevante, che svela altri meccanismi sociali.
R.: Ecco, appunto, si dà il caso che si tratti di meccanismi ampiamente approfonditi nel mio libro, ma sembra che Schianchi sia altrove, per poi cadere dalle nubi.
Del resto, tornando alla realtà, se almeno avesse dato uno sguardo al libro avrebbe potuto constatare che l’altro suo studio è stato adeguatamente contemplato fra le basi del ragionamento nella parte demografico-statistica.
S.: Al contrario di chi scrive, Roberti è invece molto convinto di quella postura al punto da reinterpretarla: “nulla sulla disabilità senza di me”.
R.: Siamo alle solite, da dove evince tale certezza senza argomentarla con riferimenti al testo? In un saggio dove è centrale l’antropologia di Thomas Hobbes e Baruch Spinoza, l’accusa di solipsismo appare a dir poco risibile, e patetica anche. Per dirla con Karl Popper, questa è una classica congettura passibile di confutazione. Spiacente, ma sembra che sottenda solo stereotipi fondati su classici preconcetti di ripicca, roba da ragazzoni al bar dello sport.
S.: Questo, infatti, è l’unico senso della critica fatta al mio libro [Storia della disabilità, cit.].
R.: Il vero senso di quella critica è stato articolato in forma scientificamente corretta e molto rigorosa, basta soltanto leggere con un minimo di capacità d’astrazione e/o onestà intellettuale l’articolo pubblicato su superando.it; cedendo a un vittimismo infondato e dannoso per le ragioni degli a-vitruviani, Schianchi non ha replicato ad esso con il giusto acume critico preferendo eludere,menando il can per l’aia.
S.: Se avesse usato maggior distacco, avrebbe colto che il mio è un tentativo, inedito, iniziale e non esaustivo (il testo è pieno di precauzioni metodologiche che impediscono di attribuirmi l’idea che abbia voluto realizzare una summa), di individuare alcune problematiche storico-culturali (e persino sociologiche, perché no) e proporre alcune piste di analisi attorno a cui mi sembrerebbe utile fare ulteriore ricerca e attorno a cui discutere e confrontarsi.
R.: L’unico distacco che riconosco è nel disincanto del mondo di Max Weber.
Anche il saggio L’uomo a-vitruviano è uno sforzo inedito,cronologicamente precedente al suo e non esaustivo, ma nel senso che predispone una serie di laboratori. Se Schianchi avesse usato maggiore accortezza, rispetto e meno superficialità, forse la discussione non avrebbe toccato questi toni.
Come ho già sottolineato, la sua vuole essere una storia della disabilità dall’età antica a quella contemporanea, il tutto con delle “sortite” sociologiche. Bene! Il sottoscritto non ha fatto altro che criticare dettagliatamente questo ultimo tratto e alcuni aspetti propedeutici.
Fra le mie critiche, basta ricordarne solo una, cioè quella attinente al tema cronologicamente più prossimo: l’aver totalmente ignorato il movimento per la Vita Indipendente. Ha trattato della crisi del welfare state senza contemplare che il welfare non è uno ma vari modelli, di cui la crisi riguarda quello classico e poi anche qui ha ignorato le tante implicazioni in materia di V.I. Nell’insieme degli errori colossali di cui anche in questa replica egli non fa cenno. Le precauzioni addotte da Schianchi ricordano l’Araba Fenice… Esse attengono ad esempio anche alla posizione tendente ad accettare per scientifico lo studio di T. Pitsios su Sparta e quanto ne deriva? Ecco, pensando alla vicenda Pitsios (4) verrebbe effettivamente la voglia di dire: “Solo da noi, espellendo i “normaloidi”, se portatori di castronerie mediatiche, magari ordite per sordidi fini!”
S.: Al contrario, la postura di Roberti non apre alcun confronto serio, né dibattito scientifico: tutto si riduce a promuovere il proprio paradigma (ignorando che i paradigmi scientifici sono l’esito di dinamiche sociali e non di auto-proclamazioni), fatto di concetti (a-vitruviano, world o global system, relabile) il cui valore scientifico è inversamente proporzionale alla sicumera con cui il suo autore li sbandiera.
R.: Ricorre ancora la “postura”: l’unica postura da me conosciuta è quella impostami sin dalla nascita dalla tetraparesi spastica.
Certo, è complicato fare dibattito scientifico con chi usa comunicare solo per mezzo di slogan, luoghi comuni, vittimismi e simili.
Più che da studioso, queste esternazioni sono modalità comunicative tipiche dei politici mediocri dei nostri tempi, peccato che non siamo in campagna elettorale M. Scianchi VS C. Roberti!
Per quanto riguarda la questione di cosa sia un paradigma e di come emerga e si affermi uno nuovo, sarebbe bene che Schianchi leggesse Thomas Kuhn e il conseguente dibattito applicativo rispetto alle scienze storico-sociologiche e umane nell’accezione generale.
In merito ai concetti di ‘a-vitruviano’ e ‘relabile’, si tratta di categorie analitiche che ho articolato con rigore e chi non è d’accordo che lo dimostri con strumenti teorici adeguati.
Venendo all’approccio world system, esso scaturisce da una grande scuola il cui principale esponente oggi è Immanuel Wallerstein. Quegli studi storico-economico-sociologici dovrebbero essere noti a Schianchi, anche perché i loro presupposti muovono dagli studi macrostorici di Fernand Braudel.
Schianchi nell’attaccarmi ci mette molto orgasmo, quel tipo di corporalità è alla base del principio del piacere, ma in questa tipologia di confronto il ventre è inadatto, diventa anzi controproducente!
S.: Studio la disabilità in chiave storica e la sociologia mi interessa molto. Sono convinto che le due discipline non debbano “sfidarsi”, ma contribuire a produrre conoscenza.
R.: Sfidarsi o meno, la faccenda non si risolve in termini di buoni auspici o mal celati stigmi. Nell’accezione generale scaturente dalla storia della scienza, un nuovo paradigma emerge quando quello vecchio non fornisce più risposte adeguate aprendo la sua crisi. Nel caso specifico,una crisi già in atto da almeno fine secolo breve e non a caso tale crisi fu inaugurata dal CIL di Bercheley,ovvero il movimento USA per la Vita Indipendente e ci torno ancora.
Per molti aspetti il mio studio rappresenta una forte rottura del vecchio paradigma, ma a Schianchi questo sembra essere del tutto indifferente. In sintesi estrema, questa è la struttura delle rivoluzioni scientifiche di T. Kuhn impegnata nell’ambito delle scienze umane rivolte al tema.
A fronte di ciò, rispetto alla nostra tematica, Schianchi dove vuole stare? Sembra voglia mirare al nuovo, però per farlo credo debba liberarsi di una serie di vincoli e modalità vecchie e forse di qualche eccesso egocentrico.
R.: Tengo a sottolineare con forza che fra i tratti più carenti e inaccettabili del saggio di Scianchi stride e chiede “vendetta” l’ aver totalmente tralasciato il movimento e i contenuti antropologico sociali concernenti la Vita Indipendente. L’ errore è colossale,auspico che vi sia qualcuno (eccetto me,sono coinvolto,lui è distaccato…) che riesca a farglielo recepire. Trattare di storia della disabilità ignorando protervamente la V. I. sembra di essere al cospetto di una linea surreale o magari dadaista;partire da un assunto per negarlo in un tratto sostanziale!.......
R.: Evidentemente il Dottore non ha necessità di un progetto personale in materia di V.I. Però poi crede di potersi concedere il lusso di affermare che gli altri del sapere vogliono farne un mero strumento di potere, un gioco pro domo propria.
S.: Con questo approccio e prefigurandomi la possibilità di un dibattito serio, ero andato ad incontrare Roberti a Napoli (pur non condividendone l’impostazione).
R.: Dice Schianchi che la lettura della disabilità in chiave storico-sociologica gli interessa molto, ma dall’esperienza da lui stesso citata si evince che ciò avviene in forma molto singolare, a questo punto narriamola tutta secondo cronologia dei fatti. L’amicizia (virtuale e, dunque, sui generis) Schianchi/Roberti iniziò in rete nel marzo 2012 su richiesta del primo, molto ben accetta dall’altro. In sede virtuale vi fu qualche generico accenno di discussione in merito a L’uomo a-vitruviano e alla necessità di aprire un dibattito scientifico. A fine aprile, su richiesta di Schianchi, vi fu il primo ed unico incontro reale presso la facoltà di sociologia di Napoli; in primis, da quella discussione emerse che egli non aveva letto il libro, per cui, con un certo stupore, gliene diedi io stesso una copia. A questo punto vi sarebbe da chiedersi su quale base fondi la pregressa “non condivisione dell’impostazione”. Forse Schianchi è come Platone e Cartesio, fonda sulle idee innate. Per cercare una risposta più pragmatica dovremmo tornare su “vezzi schianchiani” già ampiamente esposti. A perfezionamento della cronologia dei fatti, basta solo aggiungere un dato: il libro di Schianchi è stato pubblicato circa un mese dopo quell’incontro, malgrado lui nel citato colloquio de visu lo avesse presentato come un evento ancora piuttosto lontano. A questa discussione presenziarono attivamente i giovani sociologi Flora Frate e Francesco S. Coviello e alcuni studenti. Altro che dibattito serio, ivi assumono egemonia culturale quelle modalità relazionali per cui vari (troppi) politici fanno detestare loro, i partiti e la politica medesima: la riserva mentale, il retropensiero, il calcolo ipocrita, l’espulsione dell’etica. Nulla di nuovo, Karl Marx in ben tre noti classici ha trattato da varie angolature la questione della coerenza degli intellettuali e i molteplici danni alienanti e distorcenti che essi arrecano nel dire delle cose per poi farne ben altre.
S.: Insomma, mi pare proprio che di questo passo, tanto la conoscenza
quanto il dibattito attorno ad essa vadano poco avanti: il
prerequisito di qualsiasi dibattito scientifico, anche “tra noi” (poco importa
se avviato da Roberti o da altri che ne sostengono le posizioni), è un confronto
(anche duro, ma fatto di argomentazioni serie, circostanziate e non
approssimative) a partire dall’onestà intellettuale. Un’altra occasione persa.
R.: La conclusione di Schianchi è molto eloquente, mi ha ricordato immediatamente il meccanismo di proiezione in psicanalisi, sicché si può dire che questa discussione culmina con Sigmund Freud. Nulla di cui stupirsi, già avevamo argomentato che la nostra complessità antropologico-sociale necessita di letture interdisciplinari.
Rispetto al nostro dibattito scientifico vi sono grandi ritardi a cui si sommano quei contorsionismi da società liquida,per dirla alla Zygmund Barman. Tuttavia, tenuto conto che le posizioni di Schianchi non rappresentano l’universo, non bisogna disperare e urge perseverare in un cammino irto di ostacoli, inclusi quelli costruiti da noi stessi. Il dato più deleterio è che quando, come in questo caso, il dibattito va male, ciò finisce per essere funzionale agli arbitri latenti e/o manifesti del ‘su di noi’. Però basta ricordare il grande Spinoza per spazzar via ogni nichilismo.
Nell’Italia che va pericolosamente e faticosamente globalizzandosi, la costruzione di una comunità scientifica tematica è un elemento prioritario assoluto. Quello è il crocevia dove in maniera troppo veloce passano quantitativamente-qualitativamente le geoculture-geopolitiche che ci riguardano. In ogni caso, qualsiasi disputa personale deve essere subordinata a questo sommo bene.
Prescindendo dalla mia persona e da relative “posture”, il convegno internazionale indetto dal Dipartimento di Sociologia dell’Ateneo Federiciano (5) sarebbe un’ottima occasione per dare modo a Schianchi di far valere le sue ragioni e confrontarle con quelle altrui, posto che sia davvero interessato ad una sociologia che non sia solo quella personale.
NOTE
1) http://www.superando.it/2012/12/12/per-un-nostro-dibattito-scientifico/
2) http://www.superando.it/2012/12/17/coinvolgimento-e-distacco/
3) Vedi nota 1.
4) Vedi nota 1.
5) Università degli Studi di Napoli Federico II, Dipartimento di Sociologia, Napoli 5-6 giugno 2013, Convegno Internazionale di Sociologia della disabilità: Per una disabilità sostenibile. Barriere, diritti, genere e vita indipendente.
Il Convegno Per una disabilità sostenibile mira ad una riproblematizzazione della disabilità che vada oltre i confini del determinismo ecologico e allarghi la prospettiva analitica ai nuovi paradigmi sociologici. Nell’anno europeo dei diritti di cittadinanza, guardare all’inclusione nella società delle persone con disabilità – uomini o donne che siano – è un dovere di tutta la comunità scientifica. Sullo sfondo di queste riflessioni, si invitano studiose e studiosi ad inviare un proprio contributo. Al convegno parteciperanno keynote speaker, che presenteranno le loro relazioni durante le sessioni plenarie .Vi sarà anche una tavola rotonda dove la tematica verrà sancita come elemento in progress.