CONVEGNO DI PESCARA DEL 17 LUGLIO 2009 SU “LE RISPOSTE DOMICILIARI NELLA RETE INTEGRATA DEI SERVIZI SOCIOSANITARI”

 

RESOCONTO E COMMENTO DEL RESPONSABILE DEL MOVIMENTO VITA INDIPENDENTE ABRUZZO

 

Chiariamo subito una cosa a scanso di equivoci: stavolta il tema del convegno non era la Vita Indipendente, ma “Le risposte domiciliari nella rete integrata dei servizi sociosanitari, il che potrebbe spiegare (ma non giustificare) la filosofia, per così dire, assistenzialistica del convegno stesso: qui si parlava di una forma di assistenza tutto sommato tradizionale, mentre la Vita Indipendente è tutt’altra cosa. Comunque, è importante esserci stati perché, anche se le filosofie sono diverse, il terreno è lo stesso.

Detto questo, aggiungiamo che il convegno si è tenuto all’Auditorium “De Cecco” (in pratica al centro di Pescara) ed è stato organizzato in collaborazione con la Fondazione E. Zancan di Padova, la stessa che ha svolto l’indagine della quale si parlerà tra poco (certo, qualcuno ha obiettato che 780.000 euro spesi per fare un’indagine erano un po’ troppi ma, si sa, queste cose si dicono sempre).

In sala c’erano solo operatori che avevano a che fare con la disabilità (rappresentanti di cooperative e di agenzie di servizi) e qualche dipendente della Regione, Provincie e delle ASL. Non c’erano i rappresentanti della Sardegna con i quali la Regione Abruzzo ha fatto questa sperimentazione (forse perché i 780.00 euro non sono stati sufficienti per coprire il costo dei biglietti di viaggio e del vitto ed alloggio di questi signori?). Completamente assenti i disabili che hanno partecipato alla sperimentazione. Alla richiesta di poter ascoltare i fruitori della sperimentazione i promotori del convegno si sono trincerati dietro un incomprensibile diritto alla privacy. Questo ci è sembrato ridicolo perché, se  si accetta di partecipare ad una sperimentazione, ci si mette in gioco e quindi si deve rendere conto di ciò che si è fatto, onde evitare che qualcuno possa  pensare male.

Ed in  effetti, a noi disabili (ne eravamo solo quattro), auto-invitati, ci è venuto da pensare che questi operatori della sperimentazione è come se avessero composto un brano musicale e se lo fossero cantato e suonato da soli. Se noi a questo convegno non ci fossimo stati, sarebbe andato tutto liscio come l’olio senza nessuna obiezione e con il beneplacito di tutti.

Facciamo notare, inoltre, che l’Auditorium era sprovvisto di scivoli per disabili. C’era solo un’entrata laterale con uno scalino più basso degli altri  che ha trasformato la struttura da inaccessibile ad appena accessibile. Forse in un convegno sui disabili non era prevista la loro partecipazione? Se così fosse, è come se in un convegno sul giornalismo non fosse prevista la partecipazione dei giornalisti!

 

 

Il rinfresco si è tenuto in un secondo piano del tutto inaccessibile (ovviamente, senza ascensore), e solo per la gentilezza delle hostess abbiamo potuto avere un vassoio di paste. Per carità, non è una cosa importante, però sarebbe bello non dover contare sempre sulla gentilezza degli altri!

 

Prima che iniziasse il convegno il responsabile del Movimento Vita Indipendente Abruzzo, sig. Nicolino Di Domenica, ha avuto modo di scambiare quattro parole con l’Assessore regionale Paolo Gatti e, in particolare, di informarlo del tavolo tecnico che il suo collega Morra ha promesso di realizzare a fine estate per la promozione di una Legge regionale sulla Vita Indipendente. L’Assessore Gatti, del tutto ignaro dell’impegno assunto dal suo collega, ha assicurato, comunque, che non farà mancare il suo contributo. Al termine del breve incontro, il sig. Di Domenica  ha consegnato al segretario dell’Assessore un documento ove si spiega come viene gestita la Vita Indipendente nelle varie regioni d’Italia.

 

Ora cerchiamo di analizzare i fatti. Il problema lo ha chiaramente spiegato l’Assessore Gatti: non ci sono abbastanza soldi per tenere tutti negli istituti (bontà loro), e l’unico modo per evitare il collasso del sistema è esternalizzare l’assistenza, ovvero decentrarla, diffonderla sul territorio e, quindi, personalizzarla. In una lettera l’avv. Enrico Di Giuseppantonio, neo Presidente della Provincia di Chieti, arriva addirittura a considerare questo tipo di assistenza come un nuovo modello di welfare. Se ricordate, questa era l’idea di Germano Tosi, rappresentante Associazione Consequor del Piemonte, intervenuto al convegno sulla Vita Indipendente che si è tenuto a Montesilvano lo scorso 27 giugno, nonché l’idea che da molti anni viene applicata in tutti i paesi civili.

 

Il punto di partenza è stata l’idea di integrazione dei servizi, necessaria per realizzare un ottimale servizio di assistenza personalizzata, e qui s’inserisce la megaricerca della  Fondazione Zancan. Certo, l’intervento del prof. Tiziano Vecchiato, direttore della Fondazione, non era sull’assistenza in sé, ma semplicemente su una strategia d’indagine. Qui però il metodo è importante, perché alla base vi è l’idea che un servizio di assistenza personalizzata deve unire soluzioni medico – professionali e manageriali, in una valutazione multidimensionale che coinvolge tutti gli enti territoriali, cominciando dai distretti sanitari di base.

 

Ciò si è tradotto fattivamente in un’indagine che ha coinvolto diversi attori: sia operatori sanitari (infermieri, psicologi, ecc.) che operatori sociali (assistenti sociali). Questa indagine ha usato diverse scale valutative (una per ogni parametro) al fine di estrapolare dei dati che, alla fine, sono entrati a far parte di un unico grafico, che ha evidenziato i bisogni assistenziali dell’utente. Un secondo diagramma è stato elaborato a distanza di mesi dall’inizio dell’assistenza, e dal confronto tra i due diagrammi è stato possibile valutare l’evoluzione nel tempo del servizio, vedere lo scarto tra i risultati attesi (deducibili in linea teorica dalla lettura del primo diagramma) e quelli effettivamente conseguiti.

 

Attraverso tale indagine è stato possibile “valutare” oggettivamente il bisogno dell’assistito, evitando approssimazioni aprioristiche. Un punto essenziale è che non si è fatto uso di un vasto campione numerico. Per questo tipo d’indagine si parla di “territori sperimentali”, che sono quelli dei vari distretti sanitari di base. Questo ha consentito una raccolta più approfondita dei dati, quindi una migliore strutturazione degli interventi.

In Abruzzo il gruppo coinvolto è stato di sole 26 persone.

In definitiva, attraverso questa indagine, momento cruciale nella definizione dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), si uniscono di fatto due dimensioni: quella medico – assistenziale, che risponde ad un’ottica funzionalista, parcellizzante, e quella amministrativo – procedurale, che in effetti non può prescindere dall’aspetto sociale.

 

Ovviamente, non è stata solo una discussione teorica. Alcune operatrici dell’Abruzzo (quelle della Sardegna, come si è detto, erano assenti) che hanno usato tale metodo d’indagine, ne hanno sottolineato i molti aspetti positivi: chi ha parlato d’interdisciplinarietà, chi di nuova metodologia maggiormente professionalizzante per l’infermiere, che in tal modo può sviluppare una propria autonomia. Più volte è stato sottolineato che questo  diverso approccio verso la disabilità ha portato, tra le altre cose, alla istituzione del Punto Unico di Accesso. La dott. ssa De Santis, facente parte di uno dei distretti di base dell’Aquila, ha anche auspicato un progetto di assistenza personalizzata in collaborazione con la Protezione civile.

Bello! Il discorso non fa una grinza. È certamente un passo avanti in un paese abituato  a fare tutto “ad occhio”. Di questo ci rendiamo perfettamente conto. Però, a ben guardare, l’ottica assistenzialistica non cambia. Ancora una volta si deve passare attraverso i servizi socio – sanitari e lo stesso prof. Vecchiato parla di “erogazione del servizio”. Come dire: “Voi disabili, dei fondi che vi destiniamo, non vedrete neanche un centesimo”. Sinceramente ancora non capiamo tutta questa sfiducia.

Claudio Ferrante, responsabile dell’Ufficio disabili del Comune di Montesilvano, tra le tante cose, ha lamentato l’assenza degli Amministratori. Camillo Gelsumini, Segretario UILDM di Pescara, ha parlato dell’assenza degli utenti al convegno e, in un furore distruttivo, ha lamentato l’inadeguatezza di tutto il sistema che, benché  ampliato, farebbe comunque ricadere l’onere dell’ assistenza sempre e solo sulle famiglie.  Ad entrambi è stata data la stessa risposta: nuovo approccio verso la disabilità, interventi personalizzati e via dicendo. Anche il sig. La Pietra ha parlato di assenza degli utenti e, stavolta, il prof. Vecchiato ha dato una risposta illuminante: negli ultimi anni si è assistito a grandi cambiamenti in Italia, perché mentre prima si decideva e poi si progettava (questo in quanto mancavano delle serie indagini di efficacia del servizio), ora si fa il contrario.

 

L’intervento del sig. Nicolino Di Domenica,  responsabile del Movimento Vita Indipendente Abruzzo, ha toccato soprattutto gli aspetti pratici: ha parlato  della riduzione dei costi che la Regione Abruzzo potrebbe ottenere se attuasse progetti di Vita Indipendente. Infatti, per quanto riguarda  la cura a domicilio, laddove questa fosse possibile, i costi si ridurrebbero di 1/5 rispetto alla spesa attualmente sostenuta dalle ASL. Ha fatto rilevare che, per quanto riguarda l’assistenza di cui ha bisogno il disabile,  da noi siamo ancora molto lontani da come la stessa viene gestita in Sardegna e in molte altre regioni italiane.

Il sig. Di Domenica ha ribadito più volte che la scelta dell’assistente che deve prendersi cura del disabile deve essere fatta dal disabile stesso. Si è detto contrario a che il servizio venga erogato dalle cooperative perché, come risulta dall’esperienza, tale servizio è mal gestito, inefficace e più caro.  La persona con disabilità ha tempi ed esigenze diversificate che non possono essere soddisfatte dal dipendente della cooperativa che, proprio perchè tale, risponde più alle esigenze della cooperativa che a quelle del disabile. Nessuno ha il diritto di programmare la vita di alcuno, a maggior ragione quella di un disabile, senza il suo consenso. Il sig. Di Domenica ha replicato più volte alla dott. ssa De  Santis, contestandole la  scelta di delegare ai servizi la totale assistenza dei disabili perché, secondo i principi della Vita Indipendente, non di assistenza si deve parlare ma di aiuto alla gestione della propria vita con il fine ultimo di rendere autodeterminata la persona con disabilità. “Solo così – ha concluso il sig. Di Domenica – il disabile acquisisce quelle capacità decisionali che ha perso col tempo proprio per il fatto che altri hanno deciso per lui.”

A questo punto, visto che si parlavano due lingue diverse, il sig. Di Domenica   ha abbandonato la sala in segno di protesta.

 

 

Nicolino Di Domenica

Responsabile Movimento Vita Indipendente Abruzzo

Consigliere AIAS Lanciano

Recapiti: cell. 328/0213632  e-mail: nicolino.didomenica@tiscali.it  

 

 

 

 

 

 

 

APPENDICE DEL SEGRETARIO UILDM PESCARA

 

 

In conclusione, il convegno ha stabilito senza ombra di dubbio un punto fermo: l’assistenza domiciliare socio-sanitaria è decisamente migliore e più conveniente della istituzionalizzazione e della ospedalizzazione.

Le richieste dei disabili presenti di avere una loro rappresentanza e partecipazione sembrano essere state accolte dal prof. Vecchiato in occasione di una prossima sperimentazione che dovrebbe valutare i costi/benefici.

Ambedue le questioni sperimentate e da sperimentare sembrano apparentemente la “scoperta dell’acqua calda” però, pur conoscendone tutti la risposta a priori, sembra essere necessario un punto fermo scientifico per procedere poi anche in via legislativa verso questi indirizzi.

Il rischio che si corre è che, come al solito, alla fine le decisioni cadranno dall’alto, senza nessuna possibilità di partecipazione dei diretti interessati, e soprattutto prese da cosiddetti “esperti e competenti” che nella maggior parte dei casi, di disabilità hanno solo sentito parlare, con la enorme presunzione che finora ha caratterizzato e caratterizza sia i legislatori sia gli operatori che, per esempio, nel convegno stesso hanno anche ammesso di non aver elargito “gli assegnucci di cura” in quanto, “loro” non ritenevano fosse il caso.

A fronte di tutto ciò, agli “utenti” non resta che far sentire sempre più forte la propria voce e chiedere sempre di più maggiore partecipazione. Lo slogan deve essere :”non SU di noi e SENZA di noi ma CON noi” riferito a qualunque decisione, sperimentazione, attuazione.

 

 

Camillo Gelsumini

Segretario UILDM  Pescara

 

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